Il complotto contro Gesù (Marco 11, 1-16,8) - don Franco Barbero

Gesù viveva in una società in cui regnavano tante ingiustizie e disuguaglianze. Egli apparteneva alla famiglia di un modesto artigiano di Nazareth, ma si era accorto ben presto, specialmente alla scuola del “profeta” Giovanni il Battezzatore, che anche nel suo paese parecchi facevano la fame, altri erano senza lavoro, altri si trovavano costretti a vivere chiedendo l'elemosina e parecchi erano sfruttati: li facevano lavorare molto e li pagavano poco.

Gesù fin da fanciullo cercò di conoscere come stavano le cose, di capire in che mondo viveva. In casa, durante le ore di lavoro in bottega, e anche con gli amici, parlava di tutto questo. Da quando aveva conosciuto e cominciato a frequentare Giovanni Battista gli era nata dentro una grande voglia di mettersi a fianco dei poveri. Era stato quel profeta ad aprirgli gli occhi e a scaldargli il cuore. Ora le parole dei profeti che sentiva leggere alla sinagoga nel giorno di festa, il sabato, lo accendevano di sdegno contro tutti coloro che approfittavano dei poveri.

Quando poi decise di mettersi per le strade della Galilea a spargere il messaggio che aveva ormai preso il suo cuore, il punto centrale del suo insegnamento (lo ricordate?) era molto chiaro: abbiamo tutti un Dio solo, è per noi Padre e Madre, è la sorgente della vita e della fraternità. Non è possibile, perciò, che uno viva nell'oro e l'altro si trovi nella più nera miseria. Una cosa importante aveva insegnato a tutti i poveri, i deboli, gli ultimi, i disoccupati, i sofferenti, gli emarginati: «Dobbiamo unirci per fare insieme che le cose cambino. Se siamo fratelli e sorelle vuol dire che dobbiamo lottare insieme, sostenerci. Fare da sé è impossibile».

Sapete che cosa successe? Non è nemmeno difficile immaginarlo... Quelli della sua famiglia non lo capivano più e pensavano che fosse diventato matto,  come ci riferisce il vangelo di Marco (Marco 3,21). Essi capivano benissimo che continuando così, si sarebbe messo nei guai, si sarebbe attirato le ire e la vendetta dei capi politici e religiosi. E così accadde. Quelli che erano più ricchi e influenti e che godevano di un gran numero di privilegi, cominciarono a mettersi d'accordo tra di loro per screditare Gesù e poi ucciderlo.

I primi e i più inferociti nemici di Gesù erano i capi dei sacerdoti del grande e ricco Tempio di Gerusalemme. Essi vedevano di malocchio il fatto che Gesù, passando da un villaggio all'altro, parlasse alla gente invitando tutti ad aprire gli occhi, a fidarsi dell’aiuto di Dio per lottare contro i soprusi dei capi. Gesù poi, senza mezzi termini, diceva chiaramente che i sacerdoti approfittavano della gente, delle offerte dei poveri, per accaparrarsi denaro e privilegi. Essi, diceva Gesù, non predicano il Dio della giustizia e dell'amore, ma un Dio dei ricchi. Altri nemici di Gesù erano gli scribi e i farisei, quelli cioè che avevano il compito di istruire e di dare buon esempio al popolo. Essi non insegnavano al popolo a diventare libero e responsabile, ma spesso pretendevano di tiranneggiare sulle coscienze imponendo tante leggi, leggine e consuetudini, come se si trattasse della volontà di Dio.

I ricchi, ovviamente, non potevano più sopportare questo Gesù. Ne avevano abbastanza di questo strano profeta che smascherava i loro privilegi e toglieva loro la possibilità di far credere al popolo che Dio volesse la rassegnazione. I capi politici vedevano in Gesù una testa calda da tenere a freno perché egli era per loro un ribelle, uno che sovverte l'ordine stabilito, incita il popolo alla ribellione... Insomma Gesù, quanto più il tempo passava, quanto più si sentiva parlare di lui, si era inimicata tutta la "classe alta" della società di allora, cioè tutti quelli che contavano.

Ora guardiamo un po' da vicino come si muovono questi nemici di Gesù. Dapprima, come fanno tutti coloro che si servono del loro posto e della loro autorità per dominare e sfruttare, tentano di allontanare la folla da Gesù, screditandolo, facendolo passare per una testa matta. Poi, vedendo che Gesù non si scoraggia e semina tra la gente idee che essi giudicano pericolose, passano ai fatti e decidono di organizzare una vera e propria congiura contro di lui. Tutti (sacerdoti, scribi, farisei, capi del popolo e ricconi) si trovano d'accordo: bisogna uccidere questo Gesù di Nazareth. «Egli, dicevano i capi, incita il popolo alla disobbedienza all'autorità!» I sommi sacerdoti dicevano: «Chi disubbidisce a noi, disubbidisce a Dio! Quest'uomo scredita la nostra gerarchia ecclesiastica davanti a tutto il popolo!». Gesù capiva benissimo che gli stavano montando l'arresto e il processo per condannarlo come “ribelle politico" e come “eretico e bestemmiatore", e forse anche per questo pregava ancora di più Dio perché lo aiutasse a restare fedele ai poveri, a non tradire. Gesù ricordava che anche i profeti, fin dai tempi lontani, avevano dovuto fare i conti con tante difficoltà e con tanti nemici perché erano onesti, sinceri e amici dei poveri.

Ma, proprio in quei mesi, mentre cresceva la congiura dei potenti, Gesù ebbe molto a soffrire anche da parte del popolo, che avrebbe voluto trovare in lui un re che gli risolvesse ogni problema dispensando tutti dall'impegno che è sempre necessario per costruire un mondo più giusto. Molti pensavano che finalmente era arrivato il "profeta" che lottava al posto loro.

Quando Gesù decise di andare a Gerusalemme, la capitale della Palestina, molti ormai lo avevano abbandonato. Gesù era un profeta scomodo. C'era poco da guadagnare a stare con lui. Persino nel gruppo dei suoi amici cominciò a serpeggiare la paura, l'incertezza, la diffidenza. Il complotto, cioè il piano dei nemici di Gesù, scattò definitivamente quando Gesù decise, come i profeti, di avviarsi a Gerusalemme, di portare l'attacco al cuore del potere politico e del potere religioso. Egli non voleva indietreggiare nemmeno di fronte alle autorità centrali, ai capi del tempio. Ma quando mise piede nel tempio, ne provò un'indicibile amarezza. C'era tanto traffico, tante bancarelle per la vendita degli animali destinati ai sacrifici. Tutto quel commercio lo indignò: «Gesù entrò nel cortile del tempio e cominciò a cacciar via tutti quelli che stavano là a vendere e a comprare; buttò all'aria i tavoli di quelli che cambiavano i soldi e rovesciò le sedie dei venditori di colombe. Non permetteva a nessuno di trasportare carichi di robe attraverso il tempio. Poi si mise a insegnare, dicendo alla gente: “Non è forse vero che Dio dice nella bibbia: ‘La mia casa sarà casa di preghiera di tutti i popoli’? Voi, invece, ne avete fatto un covo di briganti"» (Marco 11,15-17).

Come i profeti, Gesù non poteva sopportare che il luogo di preghiera venisse trasformato in luogo di affari e di commerci. Ma per i capi religiosi questo gesto davvero era troppo audace. Per loro Gesù aveva superato ogni misura. «È la volta buona, si dissero; ora basta: dobbiamo farlo fuori il più presto possibile».

Gesù si ritirò a Betania con i suoi discepoli, ma attorno cresceva il complotto. Gesù l'aveva capito perfettamente e, come altre volte, aveva parlato con i suoi amici molto chiaramente: «Mi rendo conto che siamo ormai presi di mira dai capi. Ho l'impressione di avere i giorni contati. Mi faranno fuori. Voglio che lo sappiate: se anche mi uccideranno, Dio si ricorderà di me e di voi. Io ho fiducia in lui. Non perdiamo questa fiducia. La fede ci insegna ad avere fiducia in Dio anche in casi come questo». Il dolore fisico e la sofferenza interiore di Gesù furono grandi. Eppure, anche se per un momento lo sfiorò il dubbio che anche Dio lo avesse abbandonato, Gesù pose la sua fiducia in quel Padre che e più forte della morte. E non si sbagliò.

 

Bibliografia:

* Il lettore si accorgerà che ci siamo soffermati particolarmente alla successione dei fatti che hanno condotto alla "passione e morte" di Gesù. Solo dopo tutto questo itinerario storico e teologico, uno di noi ha narrato il "racconto della passione e morte di Gesù". Ci è parsa importante questa scelta per sottolineare che la vera passione di Gesù e la sua condanna a morte sono la conseguenza della sua lotta ai poteri del tempo. Gesù non è uno che muore: è un profeta assassinato, un ribelle crocifisso, è un uomo condannato come infame, abbandonato da tutti, incompreso dai suoi stessi familiari e amici. Certo, Gesù ha sofferto per la fatica e il dolore fisico, per la croce, le ferite... Ma la grande sofferenza di Gesù è stata la sua resistenza al potere, l'opposizione dei capi, l'incomprensione da parte del popolo, la defezione dei dodici, la sua crescente solitudine. Una visione storica permette di superare le ricorrenti e diffusissime deformazioni di certe catechesi sulla passione di Gesù, costruite a base di filmine sulla crocifissione, con un impressionante e raccapricciante armamentario sanguigno. La corona di spine o la trave della croce non possono far dimenticare i motivi per i quali lo hanno processato e condannato.

* Compilando la scheda e delineando ai bimbi il quadro sociale, politico e religioso del tempo di Gesù e degli oppositori non è facile sfuggire ad alcuni difetti di semplificazione eccessiva. Del resto non siamo stati in grado di fornire ai fanciulli un quadro che rispettasse totalmente i dati che l'attuale ricerca storica ci comunica e, insieme, le esigenze di brevità e di accessibilità alla loro comprensione. Ci siamo serviti di "piccole mappe", preparate appositamente per il lavoro dei gruppi, in cui specificavamo ulteriormente alcuni connotati essenziali dei partiti religiosi e dei movimenti politici del tempo. Per il lavoro di gruppo e per la compilazione della scheda ci siamo ridotti all'essenziale, avendo cura di non precludere ulteriori interventi illustrativi. Ci è parso essenziale tratteggiare le dinamiche centrali del conflitto in cui Gesù si è trovato. I particolari, a volte anche rilevanti, avrebbero potuto sovraccaricare di sfumature il lavoro di gruppo. Del resto abbiamo constatato quanto sia ancora difficile per parecchi di noi muoversi con un tantino di chiarezza e di spigliatezza sul terreno della "storia sociale“della Palestina di quei tempi. Per capirne qualcosa di più abbiamo dedicato alcuni dei nostri incontri di studio e abbiamo letto con profitto i seguenti libri che vi segnaliamo: R. ARON, Così pregava l'ebreo Gesù, Marietti, Casale Monferrato 1982; CH. SAULNIER - B. ROLLAND, La Palestina ai tempi di Gesù, Gribaudi, Torino 1980; R. PENNA, L'ambiente storico culturale delle origini cristiane, Edizioni Dehoniane, Bologna 1984. ll volume è prezioso sotto molti punti di vista, specialmente per farsi un'idea della sinagoga, del tempio, della cultura del tempo. Lo segnaliamo anche per capire tutta la letteratura dei miracoli. Inoltre ci sono stati utilissimi: G. JOSSA, Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, Paideia, Brescia 1980. Lo studio, pregevole sul piano storico ed esegetico, risulta di singolare utilità per capire l'intreccio dei movimenti al tempo di Gesù. P.C. ANTONINI, Processo e condanna di Gesù. Indagine storico-esegetica sulle motivazioni della sentenza, Claudiana, Torino 1982. L'Autore ha una competenza ed una chiarezza che rendono un ottimo servizio al lettore in cerca di strumenti semplici e brevi. Il libro dimostra come «nella realtà storica i fatti che preoccuparono le autorità sacerdotali del tempio e Pilato furono gli stessi, anche se visti da un diverso punto di vista: per Pilato era il pericolo di una ribellione a Roma, per il Sinedrio il pericolo di veder cadere la sua "investitura" religiosa, che garantiva anche la posizione sociale e politica dei suoi membri» (pag. 124). Si veda anche W. DOMMERSHAUSEN, L’ambiente di Gesù, Marietti, Casale Monferrato 1930.

* Per il tempo immediatamente precedente la passione e morte di Gesù, ci è stato molto utile il libro di F. BOVON, Gli ultimi giorni di Gesù, Morcelliana, Brescia 1976. In particolare: «Gesù è entrato a Gerusalemme (la cronologia di Marco il quale situa l'avvenimento una settimana prima di Pasqua è di carattere redazionale. Dal punto di vista storico, l'episodio s'è potuto svolgere in un tempo anteriore). Dobbiamo raffigurarci una entrata modesta di Gesù, salutata solo dai suoi discepoli. La chiesa primitiva ha trasformato l'episodio in una entrata gloriosa del Messia nella sua città entusiasta» (pag. 44).

* Da ultimo sarà importante tener nel dovuto conto una osservazione di grande rilevanza in tutto il nostro lavoro: «... Per giudicare il caso di Gesù è necessario tener conto della distanza storica, insanabile, che ci separa dal suo mondo. Fra quell'epoca e la nostra si sono prodotti cambiamenti qualitativi irreversibili. Questo ci impedisce trasposizioni meccaniche tra un'epoca e l'altra che, in realtà, non sarebbero che ingenue. Proiettando inconsciamente la nostra realtà nel passato lo distorceremmo necessariamente; se al contrario volessimo letteralmente rivivere tale passato nel nostro tempo, potremmo alterarlo senza rendercene conto. Il rispetto delle differenze storiche è l'unica possibilità per una corretta attualizzazione del passato e l'unico mezzo per comprenderlo senza falsarlo» (H. ECHEGARAY, La prassi di Gesù, Cittadella, Assisi 1983). Tutto questo non per rendere incomunicabili il tempo di Gesù e il nostro, ma per favorire una comunicazione veramente corretta.

* Non abbiamo qui citato G. VERMES, Gesù l'ebreo, Borla, Roma 1983. Lo riteniamo fondamentale e preliminare per un qualunque gruppo di adulti che ponga mano ad un'opera di annuncio di fede ai fanciulli. Sulla elaborazione della teologia della liberazione, il Gesù storico della liberazione, si vedano gli studi di J. RAMOS REGIDOR, J. SOBRINO, L. BOFF, G. CASALIS e altri su IDOC Internazionale, n. 3-4/1979, Dibattito su Gesù.

* Non saremo mai abbastanza grati al teologo Ed. Schillebeeckx, oggi incredibilmente osteggiato dalle autorità vaticane e da una parte della teologia ufficiale. Le sue opere: Gesù. La storia di un vivente (Queriniana, Brescia 1976) e Il Cristo. La storia di una nuova prassi (Queriniana, Brescia 1980) restano un punto di riferimento ed una miniera di informazioni.

* Abbiamo inoltre consultato i seguenti volumi: G. FOHRER. Fede e vita nel giudaismo. Paideia, Brescia 1984; E. LOHSE, L’ambiente del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1980; G. THEISSEN, Gesù e il suo movimento, Claudiana, Torino 1979; M. CLEVENOT, Gli uomini della fraternità, La giovinezza del Vangelo, Borla, Roma 1982; G. SEGALLA, Panorama storico del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1984; ASSOCIAZIONE BIBLICA ITALIANA, Gesù e la sua morte, Paideia, Brescia 1984. Inoltre: Il puro e l’impuro nella Bibbia, in HENOCH, volume VI/1984, Marietti, Casale Monferrato.

* Sarà forse superfluo, ma merita ripeterlo: «Difficile appare accettare in sede storica il giudizio che il Nuovo Testamento sembra voler dare quasi globalmente dei farisei: un giudizio di ipocrisia, in quanto avrebbero finto una pietà che non avevano, pur di mantenere il controllo delle coscienze. È però interessante notare che il Nuovo Testamento non è l'unico a lanciare contro di loro questo genere di accuse... La polemica antifarisea nel Nuovo Testamento va dunque vista, in origine almeno, nel contesto di discussioni, di dibattiti e probabilmente anche di polemiche, sempre all’interno dell'ebraismo (del quale i discepoli e lo stesso Gesù facevano ancora parte integrante), tra i farisei e i loro avversari: i sadducei, gli esseni, e ben presto anche la chiesa cristiana nascente. Più tardi poi la chiesa primitiva, e, nella sua scia, la chiesa antica, strumentalizzarono questi elementi in chiave non solo antifarisea, ma antiebraica in generale, funzione che in origine non avevano mai avuta» (J.A. SOGGIN, Storia d'Israele, Paideia, Brescia 1984). Per evitare ogni lettura della passione di Gesù in chiave antisemita «dobbiamo anzitutto liberarci dal pregiudizio che ci fa vedere un ebraismo dottrinalmente fossilizzato ed eticamente attaccato ad un'osservanza legalista e fredda della lettera morta, dimentico dei veri e ben più importanti problemi... Chi non ricorda nell'iconografia medievale l'immagine della sinagoga, rappresentata come donna brutta e bendata, e quella della chiesa, rappresentata come donna bella e cogli occhi scoperti?» (Idem, pag. 465).

Sul problema delle deviazioni antisemite nella lettura cristiana del N. Testamento e delle (eventuali) venature antigiudaiche già presenti negli scritti neotestamentari si vedano CLEMENTS THOMA, Teologia cristiana dell'ebraismo, Marietti, Casale Monferrato 1983; JACQUES DUPONT, Teologia della chiesa negli Atti degli apostoli, Edizioni Dehoniane, Bologna 1984. Nel primo di questi volumi troviamo un avvertimento prezioso: «L’opposizione al "legalismo" tra i cristiani demonizza la legge giudaica e trasforma lo stile di vita religioso giudaico in un mostro antidivino» (pag. XX).

* ll Sinedrio (= sedere insieme) è la corte suprema di Israele. Risale all'epoca persiana. Si tratta di un consiglio che assiste il sommo sacerdote (che ne è il presidente). Esso comprende sommi sacerdoti destituiti, anziani, sacerdoti sadducei e poi, sempre di più, scribi farisei. Erode il Grande limitò i suoi poteri, ma, sotto l’occupazione romana, questi poteri furono restituiti ed ampliati.

* Per ciò che riguarda le varie concezioni soteriologiche, ci prefiggiamo di approfondire tale tema nel IV volume. Per ora rimandiamo a JOSE M. DIEZ ALEGRIA, Il volto nascosto del cristianesimo, Edizioni COM. NUOVI TEMPI, Roma 1983 (via Firenze 33, 00184 Roma), specialmente a pagina 29; G. BARBAGLIO, Gesù di Nazareth dalla storia alla fede, Arsenale Cooperativa Editrice, Venezia 1980. Per ciò che riguarda l’uso dell'Antico Testamento nel Nuovo si veda Rivista Biblica (ABI), aprile-giugno 1984, Paideia.